Fauna, Itinerari

ZECCHE E POSSIBILI PATOLOGIE

Con l’inizio della primavera si ripresenta sistematicamente, specie negli ultimi anni, il problema delle zecche e delle patologie che esse possono trasmettere all’uomo. Per questo è importante conoscere cosa sono, dove si trovano prevalentemente, cosa fare per prevenirne le punture e come comportarsi nel caso in cui una o più zecche si siano impiantante nella nostra pelle.

Le zecche sono degli aracnidi (un gruppo di animali che comprende fra gli altri acari, ragni e scorpioni) specializzati come parassiti esterni. Esse hanno tre differenti stadi di sviluppo (in questo sono simili a molti altri artropodi che presentano più di una forma vitale, e passano da una forma a quella successiva mediante metamorfosi): larva, ninfa e adulto. Per passare da una forma all’altra la zecca necessita di un pasto di sangue, per cui deve trovare un ospite su cui attaccarsi (e per ciascuno stadio possono essere ospiti della stessa specie o di specie differenti). La forma di larva si presenta dopo la schiusa delle uova deposte dalla femmina, ha una dimensione ci circa 0.5 mm (per questo sono spesso difficili da osservare e trovare se impiantate nella pelle) ed è l’unica a sei zampe. Successivamente si metamorfosa in ninfa, della dimensione di circa 1.5 mm, con le caratteristiche otto zampe, ed infine l’ultimo stadio da adulto, con dimensioni che vanno dai 2.5-3.5 mm del maschio ai 3.5-4.5mm della femmina prima del pasto. La femmina, dovendo deporre da centinaia a migliaia di uova a seconda delle specie, deve effettuare un pasto di sangue molto più abbonate, tanto che le dimensioni della stessa dopo il pasto possono essere di 10 mm circa. Senza entrare troppo nello specifico della morfologia di questo animale serve però sapere che la zecca ha una parte anteriore definita rostro: si tratta di una specializzazione dell’apparato boccale per poter perforare la cute dell’animale ospite e succhiarne il sangue. Come detto le zecche necessitano di pasti di sangue per passare da uno stadio all’altro e completare così il loro ciclo vitale: purtroppo per noi esse però possono resistere lungo tempo a digiuno. Quello che si riscontra normalmente è che esse sono attive nelle nostre latitudini soprattutto tra aprile ed ottobre, anche se tale dato, riportato in letteratura, può non essere reale specie negli inverni particolarmente miti o in aree con alta presenza di zecche (personalmente ho tolto una zecca impiantata a metà marzo).

In Italia vivono diverse specie di zecche, raggruppate in due differenti famiglie: le Ixodidae (chiamate anche zecche dure, per il caratteristico scudo dorsale), che comprendono sei differenti generi, e le Argasidae (chiamate anche zecche molli, perché mancano dello scudo dorsale), presenti con due generi. Le zecche dure sono in grado di trasmettere all’uomo numerose e differenti patologie: la borreliosi di Lyme, l’ehrlichiosi, le febbri bottonose da rickettsiae, la tularemia, la febbre Q, la babesiosi e meningoencefalite da zecca (TBE). Le zecche molli invece sono vettori di patologie meno rilevanti dal punto di vista epidemiologico: febbri ricorrenti da zecche e febbre Q. Quella realmente pericolosa per l’uomo nelle nostre zone è in realtà solo la zecca del bosco (Ixodes ricinus), e le patologie che si possono riscontrare a causa di essa sono essenzialmente due: la borreliosi di Lyme e la meningoencefalite da zecca (chiamata anche TBE dal nome inglese della patologia: tick-borne encephalitis). La zecca di per sé non sarebbe pericolosa, ma lo diventa in qualità di ‘vettore‘, cioè di portatrice di batteri o virus presi da uno dei suoi ospiti.

La borreliosi di Lyme o morbo di Lyme è causata da un batterio (Borrelia burgdorferi) e si manifesta nella maggior parte dei casi (ma non sempre!) con la comparsa entro trenta giorni circa di un arrossamento della zona interessata dal morso definito eritema migrante, con la tipica forma ‘a bersaglio’ (vedi immagine). L’eritema è comunque accompagnato da sintomi quali spossatezza, dolori muscolari, febbre debole: proprio per il tipo di sintomi non eclatanti a volte non è semplice collegarli alla puntura della zecca. La patologia è considerata endemica in Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto-Adige (fonte Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie), ma purtroppo è in continua espansione areale e di casistica. Vi è da dire che se la zecca è rimossa dal corpo entro 24 ore si abbassa notevolmente (per non dire che si elimina) la probabilità di essere infettati da Borrelia. Non esiste una vaccinazione preventiva, ma con una cura antibiotica posteriore alla comparsa dei primi sintomi si risolve il problema nella quasi totalità dei casi.

La meningoencefalite da zecca o TBE è una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, identificata per la prima volta in provincia di Belluno nel 1994 (fonte Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie). La sintomatologia è variabile, da leggera febbre a dolori muscolari, nausea e vomito, ma che può evolvere in forme molto gravi di infiammazione del sistema nervoso centrale, colpendo sia il cervello che le meningi (da qui il nome di meningoencefalite), ed in alcuni casi con esito mortale. In letteratura si riscontra che mediamente più il paziente è anziano e più i sintomi sono manifesti e gravi. E’ chiaro che serve contattare subito il personale medico specializzato non appena compaiono le prime avvisaglie (attenzione che nel bambino spesso i sintomi non si manifestano). Purtroppo la trasmissione di questa patologia, nel caso in cui la zecca sia infetta, può avvenire già dopo alcuni minuti dal morso. Un tempo la TBE era segnalata solo in alcune aree ristrette, come in alcune zone del Bellunese e nella zona dei Laghi di Lamar in Trentino: purtroppo però anche per questa patologia il numero dei casi è in aumento, e non sempre è possibile legarla ad un preciso focolaio. Rispetto alla borreliosi esiste un vaccino, che risulta essere consigliato alle persone più a rischio (personale forestale e veterinari, ma anche escursionisti).

Capito cosa sono le zecche e quali sono le due principali patologie che possono trasmettere, vediamo ora come comportarsi. In particolare dovremmo sempre tenere presente 4 differenti fasi: prevenzione – rimozione – osservazione – cura (eventuale).

Prevenzione: come sempre la prevenzione risulta essere un ottimo strumento per ridurre la possibilità di venire a contatto con le zecche. Esse tendono a frequentare zone silvestri con erbe alte, in attesa del passaggio di un animale a sangue caldo (le zecche hanno dei termo-recettori per individuare gli ospiti), e tendenzialmente sono presenti fino ad una quota di 1300/1400 m (questa indicativa, in quanto negli ultimi anni si riscontra un aumento anche del limite altitudinale in cui sono presenti): evitare quindi, specie nel periodo fra marzo ed ottobre (periodo in cui le zecche hanno maggiore necessità di trovare un ospite), zone con erbe alte fuori dai sentieri più battuti, specie se al di sotto dei 1400m. Vestirsi preferibilmente con abiti chiari, in modo da poterle individuare più facilmente e toglierle prima che raggiungano le aree scoperte del corpo; per tale motivo è anche preferibile coprire le estremità, specie le gambe, con calzettoni e pantaloni lunghi. Può essere utile spruzzare del repellente specifico per zecche a base di DEET (ultimamente è stata commercializzata una nuova sostanza denominata KBR che sembra essere meglio tollera rispetto alla DEET) sui vestiti ed eventualmente sulla pelle: in ogni caso attenetevi a consigli medici e/o del farmacista. Da qualche anno è in commercio anche uno strumento che emette impulsi ad ultrasuoni (Skudo human: http://www.skudo.co.za/index_files/Page592.htm) che disturbano i parassiti, impedendo quindi l’avvicinamento di pulci e zecche: la casa costruttrice riporta uno studio che ne dimostra l’efficacia, anche se numericamente non vi è un alto campione statistico. Parlando con del personale forestale che l’ha utilizzato sembra esserci chi ha notato dei benefici (“da quando lo uso non ho più preso delle zecche”) e chi non ha visto alcuna differenza: visto che si tratta di una spesa contenuta (15€ circa) ed ha la durata di un anno circa (le batterie non possono essere cambiate) può essere comunque un valido supporto alla prevenzione, magari tenendolo appeso allo zaino. Infine può essere buona norma quella di fare sempre un lavaggio ad alte temperature dei vestiti utilizzati durante l’escursione, in modo da essere certi di eliminare l’eventuale presenza di zecche sui vestiti.

Rimozione: nel caso in cui una zecca si trasferisca nei nostri vestiti, a seconda delle aree in cui viene a trovarsi tende comunque a spostarsi verso le parti del corpo più calde e riparate. E’ quindi importate controllare tutto il corpo dopo ogni escursione, ma con particolare attenzione alle aree dove solitamente le zecche si attaccano: ascelle, inguine, dietro alle ginocchia e caviglie (se la zecca è entrata dalla parte bassa dei pantaloni o noi indossavamo dei pantaloni corti vi è la possibilità che essa ‘decida’ di impiantarsi subito: personalmente 4/5 zecche mi si sono impiantate nell’area delle caviglie). Considerate che la durata del pasto è variabile, ma in media nel caso delle zecche dure è di qualche giorno: utile quindi controllarsi anche nei giorni successivi all’escursione, per eventualmente individuare una zecca che non avevamo visto il giorno precedente. La puntura non è dolorosa, in quanto le zecche iniettano durante il morso una sostanza anestetica: è vero però che la zecca dopo alcune ore viene ‘riconosciuta’ dal nostro organismo come un corpo estraneo, e vi è un arrossamento dell’area attorno al morso associato quasi sempre a prurito/fastidio, che aiuta l’individuazione della zecca da rimuovere. Appena individuata serve rimuoverla il prima possibile: non è assolutamente difficile, e non è necessario andare in ospedale per la rimozione in quanto si rischia di allungare il tempo in cui la zecca rimane impiantata, aumentando quindi la possibilità di trasmissione delle patologie. Non applicare alla zecca nessuna sostanza (creme, alcool, ammoniaca, oli, ecc..) né avvicinare oggetti arroventati (aghi caldi, sigarette, accendini) con l’intendo di soffocarla o ucciderla, in quanto se stimolate esse tendono a rigurgitare, aumentando notevolmente il rischio di infezione. Per toglierla sono in commercio delle apposite pinzette, di differenti misure (meglio sempre averne almeno due, una piccola ed una media), o è possibile utilizzare delle normali pinzette da ciglia. Serve solo fare attenzione a prendere la zecca dove essa è attaccata alla pelle, quindi nell’area della testa: per fare questo si deve far scorrere uno dei due bracci della pinzetta sotto l’addome della zecca, fino ad arrivare a contatto con la pelle. Una volta presa si estrae la zecca, avendo l’accortezza di effettuare una semirotazione della pinzetta, per favorirne il completo distacco. Si riporta spesso che la rotazione deve essere antioraria: se lo ricordate bene, altrimenti l’importante è che vi sia una rotazione, indifferentemente dal senso, in quanto il rostro è simmetrico. Appena rimossa la zecca va eliminata, preferibilmente bruciandola con un accendino mentre è ancora nella pinzetta: evitare assolutamente di poggiarla da qualche parte con l’intenzione di schiacciarla, perché la stessa si muove appena libera, col rischio di non riuscire a riprenderla, e comunque risulta difficilissimo riuscire a schiacciarla, avendo la Ixodes un scudo dorsale rigido. Alcuni, fra cui anche l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, consigliano di tenere la zecca viva all’interno di una provetta ben chiusa o, se morta, di congelarla, per eventuali analisi posteriori in caso di comparsa di sintomi. Altra accortezza è di disinfettare subito l’area del morso, ma senza utilizzare prodotti coloranti, per evitare di non vedere l’eventuale comparsa dell’eritema migrante. Se per errore non si rimuove tutta la zecca ma rimane impiantato il rostro (lo potete notare sia dalla zecca che avete tolto, in cui manca appunto l’apparato boccale, sia vedendo un puntino nero al centro dell’area interessata dal morso), serve toglierlo con un ago sterile: non è possibile che si aumenti il rischio di contagio dell’eventuale patologia legata alla zecca, ma rimane il rischio di infezione dovuta alla presenza di un corpo estraneo nella pelle (così come fosse una spina di rosa), per cui va comunque rimosso. Se non riuscite da soli recatevi dal vostro medico curante.

Osservazione: appena rimossa la zecca è molto importante (cosa che in pochi fanno) segnare la data sul calendario in maniera evidente, così da fissare il ‘tempo 0’ in cui siamo venuti a contatto con la zecca. Da questo momento inizia il periodo di osservazione, in cui dobbiamo stare attenti all’eventuale comparsa dell’eritema migrante ma anche degli altri possibili sintomi (febbre leggeri ma continue, mal di testa, debolezza, dolore alle articolazioni): se si presentano serve recarsi subito dal medico curante e comunicare che si è stati punti da una zecca. Rispetto anche solo ad alcuni anni fa ormai è divenuto comune a tutti i medici di base avere a che fare con pazienti interessati da punture di zecche: nel caso in cui il vostro medico non fosse aggiornato potete sentire le aziende ospedaliere che più hanno a che fare con tale problematica: soprattutto Feltre, Belluno e Bassano del Grappa per il Veneto o tutti gli ospedali del Friuli Venezia Giulia e del Trentino per il rimanente territorio del nord-est.

Cura: per nostra fortuna solo in una bassissima percentuale di casi si riscontrano i segni e sintomi delle due patologie menzionate. Nel caso della borreliosi, che fra le due patologie è quella più comune ma anche meno pericolosa, una cura antibiotica (attenersi scrupolosamente alle indicazione del medico curante) risolve quasi sempre la problematica. Nel caso della TBE la cura è differente a seconda dei casi, arrivando anche all’ospedalizzazione.

Considerazioni finali: il presente articolo non vuol essere né troppo ‘terroristico’ rispetto al problema zecche (che come detto in realtà solo in pochi casi trasmettono le patologie ad esse collegate) né vuole scoraggiare le nostre uscite in ambiente. Di certo è fondamentale conoscere le problematiche legate alle zecche e sapere come comportarsi, in considerazione dell’aumento continuo dei casi. Negli ultimi 10-15 anni sono incrementati a dismisura gli ungulati presenti nelle nostre Alpi e Prealpi (cervi e camosci in particolare, che rappresentano importanti ospiti) e con essi il numero di zecche presenti e soprattutto le aree interessate da tali problematiche. Oltretutto non è più possibile legare le patologie ad una aree precisa. Circa quindici anni fa in provincia di Belluno venivano monitorate delle apposite aree campionando sistematicamente le zecche e facendo delle specifiche analisi, così da creare delle mappe di presenza/assenza delle patologie ad esse collegate. Ad oggi non sono più disponibili questi dati: da un lato per mancanza di analisi specifiche, dall’altro perché non sempre si riesce a collegare l’insorgere di una delle due patologie al luogo in cui ci si trovava quando la zecca si è impiantata.
Durante un corso un medico specializzato in malattie infettive e tropicale dell’Ospedale di Belluno riportava il dato di almeno 10-15 nuovi casi di TBE ogni anno per la Provincia di Belluno (dato 2015, in chiaro aumento rispetto ad alcuni anni fa). D’altro canto veniva riportato che in Austria, da uno studio effettuato sui casi di TBE dal 1980 al 2007, all’aumentare delle persone vaccinate calava drasticamente il numero di casi di TBE: pur se in generale non sarei così favorevole alle vaccinazioni, considerando il rischio della patologia e l’aumento dei casi riscontrato ogni anno, può essere utile vaccinarsi contro la TBE, perlomeno per le categorie di persone più a rischio (e fra queste anche noi assidui escursionisti).
Potete vedere un interessante video dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie inerente la problematica delle zecche all’indirizzo: http://www.izsvenezie.it/zecche-rischi-per-la-salute-cosa-fare-per-prevenirli/

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