Fauna

LA FAUNA ITALIANA

L’Italia può vantare di essere la nazione europea con il più alto numero di specie faunistiche, quasi 56.000 specie. Di queste un’alta percentuale è rappresentata da endemismi (circa il 30%), cioè da animali presenti esclusivamente in Italia o meglio in un’area ristretta di essa, e per questo hanno una grande importanza. Altro dato da tenere a mente è la suddivisione di queste specie: spesso noi notiamo solo gli animali vertebrati più grandi, mentre la maggioranza delle specie è rappresentata da invertebrati, ed in particolare dagli artropodi, un gruppo di animali che comprende i chelicerati (ragni, acari e scorpioni ), i miriapodi (millepiedi e centopiedi ), i crostacei (animali principalmente acquatici come i granchi ed i gamberi) e soprattutto gli insetti, chiamati anche esapodi per la caratteristica comune a tutti di avere 6 zampe. In particolare va citato l’altissimo numero di quest’ultimi, ben 37.300 specie presenti, di cui 12.000 coleotteri, che come dice il nome (dal greco coleos = fodero e pteron = ala) sono tutti quegli insetti che hanno le ali anteriori fortemente sclerificate (chiamate elitre) con la funzione di ‘fodero’, cioè di protezione delle ali posteriori e dell’addome.

Questi dati, come quelli che riporterò in seguito, sono frutto di un lungo lavoro di ricerca e sintesi ultimato nel 1995 con la realizzazione della Checklist delle Specie della Fauna Italiana (http://www.faunaitalia.it/checklist/). Sulla base di circa 10.000 di queste specie, ritenute le principali indicatrici faunistiche e biogeografiche, sono stati ottenuti altri importanti elementi. In particolare è interessante notare l’origine della fauna italiana: una parte deriva da specie pre-mioceniche (cioè più antiche di 23 milioni di anni fa), derivanti da progenitori che erano presenti in antiche aree geografiche della costa provenzale e catalana nel momento in cui è iniziato lo spostamento delle terre emerse a formare l’attuale Italia. La maggior parte di queste rappresentano proprio le specie ‘relitte’ ed endemiche della nostra fauna. A queste specie si è poi aggiunta la cosi detta fauna plio-pleistocenica, cioè contingenti faunistici arrivati in Italia da varie aree confinante, la maggior parte delle quali provenienti dall’Europa orientale e dall’Asia Occidentale. Infine una parte della fauna italiana è relativa al periodo Quaternario: durante le glaciazioni sono arrivate da nord specie faunistiche che poi, con il successivo ritiro dei ghiacci, si sono rifugiate nella aree alpine ed appenniniche più alte. Nel contempo mentre i ghiacci si ritiravano, da sud provenivano altre specie, in questo caso legate a climi più caldi, che si sono rifugiate poi nella aree più xerotermiche (a clima più caldo e secco). L’ultimo contingente della fauna italiana è dato da quelle specie che si sono presentate (e continuano a farlo con sempre nuove presenze) nella nostra penisola solo nell’ultimo periodo: poche di esse in maniera naturale, in qualche caso anche conseguentemente ai cambiamenti climatici, molte purtroppo a causa dell’introduzione (voluta o casuale) da parte dell’uomo. In questo caso si tratta delle specie cosi dette alloctone, del tutto estranee alla fauna originaria italiana, e che per questo spesso hanno una dinamica di popolazione rapidissima, con accrescimenti veloci, a discapito delle specie autoctone (per tale motivo si parla spesso di ‘invasioni biologiche‘).

Perché parlare in generale della fauna italiana, visto che il mio sito tratta in particolare gli aspetti legati alla montagna? In parte perché ritengo comunque interessante sapere l’origine e la numerosità delle specie animali presenti in Italia, ma soprattutto perché osservando le immagini sottostanti (tratte da ‘La fauna italiana – dalla conoscenza alla conservazione’ a cura di Alessandro La Posta ed Eugenio Duprè – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione per la Protezione della Natura http://www.comitato.faunaitalia.it/PresentazioneCK.html) si nota in maniera chiara l’importanza delle aree prealpine ed alpine, oltre che tutta l’area appenninica centro-settentrionale (la parte meridionale dell’Appennino è poco rappresenta anche in conseguenza della scarsità dei dati presenti, oltre che da ragioni naturali). Queste aree infatti sono quelle a maggior ricchezza di specie animali (prima immagine), ma ancora più importante il fatto che si tratta di aree ricche di endemismi (seconda immagine): le Alpi, le Prealpi e gli Appennini rappresentano quindi le aree fra le più naturali ancora rimaste in Italia, in cui ritroviamo i maggiori hotspots delle specie endemiche (terza immagine). Quest’ultime sono le aree da salvaguardare maggiormente, se consideriamo il dato preoccupante che il 5% delle specie italiane è considerato minacciato e l’8% vulnerabile.

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